La Porta del Non Ritorno

Alessia fissava la porta dello studio.

Oltre quella porta c’era la sua vita di sempre. Il suo ufficio, la scrivania ordinata, il computer acceso con la solita pila di email da smaltire. C’era il contratto a tempo indeterminato che le garantiva sicurezza, lo stipendio fisso che arrivava ogni mese, i colleghi con cui pranzava ogni giorno.

Eppure, tutto quello che un tempo la faceva sentire stabile, adesso la soffocava.

Aveva sempre sognato di più. Fin da bambina, aveva un talento speciale: riusciva a trasformare le idee in realtà, a dare forma ai suoi pensieri con creatività e dedizione. Aveva studiato, progettato, risparmiato per anni, aspettando il momento giusto per fare il salto.

E quel momento era oggi.

Aveva la lettera di dimissioni tra le mani. Il cuore le batteva forte.

Firmarla significava lasciare tutto. Uscire da quella porta per l’ultima volta.

Il pensiero della libertà le dava le vertigini. Nessun capo a cui rispondere, nessun orario imposto. Poteva costruire qualcosa di suo, qualcosa che la facesse sentire viva. Ma la paura era lì, più forte che mai.

“E se non ce la faccio? E se fallisco? E se non sono abbastanza brava?”

Era la stessa paura che aveva tenuto in gabbia tante persone prima di lei. Quella che separa chi sogna da chi fa.

Si sedette un attimo, cercando di calmare il respiro. Chiuse gli occhi.

Si immaginò fra cinque anni.

Se fosse rimasta lì, a quella scrivania, avrebbe avuto esattamente la stessa vita. Lo stesso stipendio. Gli stessi orari. Le stesse giornate che si ripetevano, sempre uguali.

Si immaginò invece dall’altra parte. In un futuro in cui aveva trovato il coraggio di buttarsi. Non sapeva esattamente come sarebbe andata, ma sapeva che avrebbe vissuto davvero. Avrebbe costruito qualcosa con le sue mani, con la sua mente, con il suo impegno. Avrebbe rischiato, certo. Ma almeno, non si sarebbe chiesta per tutta la vita “E se ci avessi provato?”

Aprì gli occhi.

Sapeva cosa fare.

Inspirò a fondo. Prese la penna e firmò.

Un attimo dopo, la lettera di dimissioni non era più solo un foglio. Era la chiave che apriva una nuova strada.

Si alzò in piedi. Con la lettera in mano, si diresse verso l’ufficio del capo. Ogni passo era più leggero, ogni respiro più profondo.

Quando si fermò davanti alla porta, per un secondo si voltò indietro.

Guardò il suo ufficio per l’ultima volta.

Poi allungò la mano.

E aprì.

In quel momento, lasciava dietro di sé il vecchio mondo per entrare in uno nuovo. Uno in cui tutto dipendeva solo da lei.

Non era la decisione più facile. Ma era quella che l’avrebbe resa libera.

Perché il coraggio non è non avere paura. È scegliere di agire nonostante essa.