Erano le 6 del mattino. Il cielo era ancora buio, la sveglia suonava con insistenza mentre Marco fissava il soffitto con gli occhi gonfi di sonno.
Spegni tutto, dormi un’altra ora.
Era quello che la sua mente gli sussurrava. Quella parte di lui che voleva sempre scegliere la strada più facile.
Ma c’era un’altra voce, più bassa ma determinata. “Se ti alzi adesso, vinci.”
Il giorno prima aveva promesso a sé stesso che avrebbe corso dieci chilometri all’alba. Nessun obbligo, nessuna gara. Solo una promessa.
Scostò le coperte, posò i piedi sul pavimento freddo e si alzò. Un piccolo gesto, insignificante per il mondo, ma enorme per lui.
Era uscito di casa senza pensarci troppo, infilando le cuffie e allacciando le scarpe da corsa. I primi passi erano stati lenti, quasi goffi, mentre il sonno ancora gli pesava addosso. Ma dopo il primo chilometro, sentì il sangue scorrere più veloce.
Era in strada, da solo, con il respiro che si faceva più profondo e il cuore che pompava forte.
“Perché lo sto facendo?”
Se lo chiedeva spesso. Ma in fondo lo sapeva. Non correva solo per tenersi in forma. Correva perché ogni passo era una dichiarazione di guerra contro la sua parte più debole.
Era successo troppe volte. Promesse fatte e poi infrante. Sveglie posticipate, allenamenti saltati, obiettivi rimandati con la scusa del “lo farò domani”.
Oggi no.
Al settimo chilometro il fiato iniziò a farsi corto. Il dolore saliva dai polpacci fino alle cosce, ogni passo un piccolo tormento. E la voce tornò.
“Hai già corso abbastanza. Puoi fermarti ora.”
Quella voce gli era familiare. Era la stessa che gli aveva fatto dire “Basta” in troppe occasioni. Quella che lo aveva spinto a mollare quando le cose si facevano difficili.
Ma questa volta non avrebbe ascoltato.
Perché era proprio in quel momento, in quell’ultimo pezzo di fatica, che si decideva chi era davvero.
Non il primo chilometro, non il terzo, non quando tutto era ancora semplice. Il vero test era adesso.
Un passo dopo l’altro, strinse i denti e andò avanti. Non pensava più al dolore, ma a tutto quello che avrebbe provato se avesse smesso. Non si trattava di finire una corsa. Si trattava di finire quello che aveva iniziato.
Quando tagliò la linea invisibile dei dieci chilometri, rallentò fino a fermarsi. Si piegò sulle ginocchia, cercando di riprendere fiato, mentre il sudore gli colava dagli occhi.
Sorrise.
Quel giorno, per la prima volta dopo tanto tempo, sentì di aver vinto davvero.
Non contro qualcuno. Non contro il cronometro.
Ma contro quella parte di sé che gli aveva sempre detto di mollare.
Perché ogni scelta è una battaglia. E quando scegli di non cedere, diventi più forte.